mercoledì 8 aprile 2015

Carpi città dello Sport? A parole

Carpi città dello Sport? A parole

E la chiamano Città dello Sport. Dopo la pallavolo, è ormai assodato che anche il calcio e la pallamano dovranno traslocare lontano da Carpi per la mancanza di lungimiranza da parte degli amministratori. Sono anni ormai che Carpi vede crescere bellissime realtà sportive che poi si sono viste costrette ad emigrare per l'inadeguatezza delle strutture. A partire dal volley femminile, la Liu Jo, che nel 2010 ha dovuto salutare la città dei Pio per andare a giocare a Modena, al PalaPanini. E' toccato al campione di nuoto Gregorio Paltrinieri, carpigiano Doc, che però è dovuto “emigrare” per potersi allenare in una vasca adeguata. Tocca alla Terraquilia Handball, che a Rubiera può disputare le partite casalinghe della serie A di Pallamano, e toccherà al Carpi Fc: è ormai nota la polemica in merito allo stadio Cabassi, che l'anno prossimo non potrà ospitare le partite casalinghe della squadra di calcio della nostra città, sia in caso di promozione in serie A che di permanenza in B. Cabassi che non più di due anni fa è stato oggetto di un rifacimento che però, ancora una volta per mancanza di lungimiranza, non si è rivelato risolutivo e sufficiente. E così il prossimo anno i carpigiani, con ogni probabilità, saranno costretti ad andare a Modena per poter seguire la propria squadra del cuore. Mancanza di lungimiranza, ma anche scarsa attenzione verso un mondo che invece rappresenta e unisce tantissimi cittadini. Finora, sia la giunta Campedelli che quella attuale, si sono nascosti dietro un dito, fornendo sempre la stessa scusante: quella della mancanza di soldi. Una scusa che però non regge, di fronte all'evidenza di palestre costruite senza tenere conto delle esigenze delle eccellenze sportive cittadine, come la palestra di Cibeno, o veri e propri errori di progettazione, come nel caso della palestra della Solidarietà. I soldi (pubblici) sono stati spesi, male però. Credo che alla base di tutto ci sia anche la mancanza di dialogo da parte del Comune con le associazioni sportive cittadine, che non vengono coinvolte. D'altronde l'autoreferenzialità è uno dei tratti distintivi delle giunte targate Pd. Peccato che tutto ciò si trasformi in un danno per le società, gli atleti e anche a livello economico. Infatti l'indotto che lo sport riesce a creare è enorme: si pensi alle televisioni, intorno alle quali c'è un business milionario. Eppure Carpi rimane sempre tagliata fuori, com'è successo di recente nel caso della Terraquilia Handball, che non ha potuto usufruire della diretta televisiva della Rai perché il Vallauri non è idoneo ad ospitare mezzi e strumenti necessari a trasmettere eventi di grande portata. Privilegiare lo sport di base, un'altra scusa utilizzata da sempre dalle giunte di centrosinistra, non deve significare per forza trascurare del tutto lo sport professionistico a Carpi. E anche nel sostenere lo sport di base il Comune ha dimostrato di fare figli e figliocci, concedendo lauti contributi ad alcune associazioni (come ad esempio la Polisportiva Dorando Pietri e La Patria) mentre altre ricevono molto meno. Una città di oltre 70mila abitanti, con una squadra di calcio al vertice della classifica di serie B, una di pallavolo femminile attualmente seconda nella massima serie, una di pallamano ai vertici della massima competizione italiana e un campione europeo e mondiale di nuoto, ma senza strutture adeguate ad ospitarli, oggi o nel prossimo futuro. E la chiamano città dello Sport.

venerdì 20 febbraio 2015

Aimag-Hera, dibattito non sia ideologico

Aimag-Hera, dibattito non sia ideologico

Tutti ne parlano, tranne chi avrebbe il dovere di farlo. Sul tema della ventilata fusione Aimag-Hera il Pd non perde l'occasione per dimostrare la scarsa trasparenza che lo contraddistingue. Ad oggi, né dalla maggioranza né dall'azienda (i cui vertici sono emanazione politica della prima) sono arrivate parole di spiegazione di quanto accadrà alla nostra multiutility: quali sono le intenzioni dei sindaci dei Comuni soci di Aimag? Le azioni della società saranno cedute alla multiutility bolognese oppure no? A questa domanda ancora non è stata data una risposta chiara. La mia non è una presa di posizione sulla questione “fusione sì o fusione no”: credo infatti che al momento si debba tenere un atteggiamento laico, mentre oggi la discussione è molto ideologica. Non ho preclusioni né verso il privato, né verso il pubblico, né verso il misto pubblico-privato: in tutte queste forme si possono trovare pro e contro. Da un lato la gestione di Aimag ha a suo favore la vicinanza con il territorio, ma dall'altro lato proprio questa vicinanza è causa di un intreccio troppo forte con la politica: non dimentichiamo, ad esempio, che l'attuale presidente è stato assessore al Comune di Carpi. Un aumento da parte di Hera delle quote di Aimag potrebbe invece significare una gestione più manageriale, con professionalità di livello di cui potrebbero beneficiarne i servizi ai cittadini. Un dibattito sul merito non può non affrontare poi la questione della gara delle reti Gas, il cui bando, ad oggi, dovrà essere pubblicato entro il 2017. Aimag sarà in grado di parteciparvi e competere con colossi dei servizi? Quale sarà lo scenario che si sta delineando con i cambiamenti normativi che interverranno nel prossimo futuro? Solo cercando di rispondere a queste domande si potrà affrontare una discussione seria sul merito. No all'ideologia e a posizioni preconcette, dunque. Piuttosto bisogna capire quali sono le reali intenzioni dell'azienda e soprattutto della maggioranza, perché sono loro che hanno in mano il potere decisionale. Sarebbe un atto dovuto, dal momento che Aimag è proprietà di tutti. Bisogna prima capire su che basi partire, ovvero affrontare il tema sul merito dei contenuti. Anche perché, se l'intento della maggioranza è quella di vendere le quote di Aimag, si dovrebbe approntare una gara pubblica, alla quale tutti possano partecipare, non solo Hera. Ciò permetterebbe di avere maggiore peso economico e spuntare un profitto più alto. Nutro infine parecchi dubbi sul referendum lanciato dal Movimento 5 Stelle, perché vedendo la storia di questo strumento in Italia e a Carpi (sul tema dell'acqua pubblica, ad esempio), rischia di essere un boomerang: se l'affluenza risultasse bassa, come immagino che avvenga, si rischierebbe che ciò venisse interpretato come un sentimento comune favorevole alla fusione. A mio modo di vedere il referendum sarebbe da considerare come extrema ratio, prima bisogna cercare di capire qual è il disegno che hanno in mente gli amministratori della maggioranza, i quali hanno il dovere di fare chiarezza il più presto possibile.